mercoledì 5 settembre 2007

Murcof je t'aime


Vi voglio dire che dovete assolutamente ascoltare questo cd.. è bellissimo!

La musica elettronica vede un continuo accavallarsi di tendenze e di nuovi geni a brevissima scadenza. Fernando Corona/Murcof gode di un’ottima considerazione da parte della critica, compresa quella che fabbrica le cosiddette “new sensation”, per come ha saputo coniugare i battiti sintetici del suo laptop con campioni di musica classica, ma l’impressione è che non voglia sfruttare questo suo tratto distintivo per essere solo la moda di un anno o due, in attesa di essere soppiantato da qualcun altro con una nuova – ma effimera – idea vincente. Cosmos è piuttosto il disco con il quale, fin dal titolo stesso, questi tratti distintivi paiono essere incorporati in un discorso più ampio che guarda ai grandi del genere, pionieri e sperimentatori compresi. “Cuerpo Celeste”, la prima traccia, ha un inizio rarefatto che ci deposita sulla superficie di un pianeta lontano e deserto. Ne osserveremo l'alba e ne rimarremo annichiliti: un utilizzo perfetto degli archi, raffinato ed essenziale solo come quello di Shinjuku Thief, prelude infatti a un crescendo di organo e percussioni solenni che Kubrick non avrebbe esitato a far suo per la colonna sonora di Odissea Nello Spazio. Le pulsazioni elettroniche compaiono al secondo episodio dell’album, “Cielo”, che lascia dunque ammirare un Fernando Corona dal volto più familiare, capace di elaborare un campionamento vocale in maniera così struggente da far credere che sia il lamento di un qualche dio in agonia ai margini dell’universo. Le due title-track, “Cosmos I” e “Cosmos II”, confermano la sensazione che Murcof desideri avvicinarsi all'ambient alla ricerca di nuove soluzioni e allontanarsi dalla contingenza: nessun ritmo, solo suoni e basse frequenze che divengono drone pronti a far collassare i padiglioni auricolari, lasciando la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di primordiale e oscuro, uno spettacolo sia per i nostalgici della prima elettronica sia per gli amanti dei Coil e dei loro di epigoni dediti alla creazione di bui paesaggi. A separare queste due parti stanno i battiti sintetici di “Cometa”, che fa il paio con “Cielo” nel suo essere così murcof-iana, anche se non ne eguaglia la forza emotiva. Infine, “Oort” è un altro episodio ambientale, caratterizzato però da improvvise esplosioni di suono: questa volta si è davvero in presenza di un tentativo di emulare le avanguardie, per una traccia ove l’elettronica è ridotta al minimo e fa da sottofondo a un utilizzo imprevedibile e destrutturato degli strumenti classici.

Voto massimo e capolavoro? Artisti con meno esposizione mediatica si sono espressi allo stesso livello, non sarebbe onesto intelletualmente. Guai a chi non lo compra, però.

A cura di: Fabrizio Garau
da [audio]drome

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